Dichiarazione d’amore a Matera
di Antonio Moresco
Bisogna arrivare a piedi attraverso chilometri di pietraie, e poi scavalcando la grande gravina sulla cui ferita si concretizza e si erge, per capire che cos’è Matera, questa città che si materializza già da lontano, da prima, attraverso le distese di pietre murgiche e poi la voragine tutta piena di grotte trogloditiche allargate dagli uomini preistorici e le sue chiese rupestri scavate dentro la roccia. Una distesa di pietre che ricoprono la terra come una pioggia di meteoriti e che diventano a poco a poco rocce, pareti scoscese, che poi si trasformano quasi senza soluzione di continuità in grotte abitate da umani, e poi in facciate che coprono gli imbocchi di queste grotte, e poi in strutture architettoniche simili alle città e agli universi sotterranei larvali degli insetti, con le loro enormi cisterne sotterranee altissime e piene di archi e di volte e la rete di centinaia di altre cisterne dove i suoi abitanti raccoglievano l’acqua piovana, e di canaline di coccio che scendono dai tetti di pietra delle case, sorrette ancora, in qualche caso, dai femori dei muli che vivevano fino a non molto tempo fa insieme agli uomini dentro le stesse grotte dai soffitti a cuspide mimetizzate da piccole facciate costruite con i materiali escavati. Mi è capitato, negli ultimi anni, di vedere molti luoghi indimenticabili, in Italia e nel mondo, in Russia, in America Latina, sulle Ande, nella Terra del Fuoco, ma non ho mai visto nulla di più inconcepibile e commuovente di questa città di pietra che appare sullo strapiombo di un canyon e che è fatta della stessa materia tellurica che la circonda. L’Italia è piena di città uniche al mondo, Roma, Firenze, rigurgitanti di tesori artistici, ma che non hanno questa unità architettonica e concrezione spirituale che attraversa le ere e che ci ricongiunge in un solo istante con la natura rupestre e cavernicola e con l’erompere del particolare genio della nostra specie folle, inerme e feroce. Siena, Mantova, Viterbo, Napoli, Genova, Trieste, Palermo, Lecce e tante altre città sono uniche e meravigliose, ma a me pare che siano Venezia e Matera le due regine. Due opposti assoluti: una di infinita raffinatezza, ricchezza e bellezza, l’altra barbarica e povera e di altrettanto infinita bellezza, una città d’acqua e una di pietra. Ma anche la pietra è stata acqua e, forse, anche l’acqua ridiventerà pietra. Come saranno le nuove città a venire, su questo piccolo pianeta che ruota attorno alla sua stella incendiata, le nuove Venezie e le nuove Matere? Saranno di acqua o di pietra?
Dal diario di Stella d’Italia